Lo sfruttamento industriale della geotermia a media e alta entalpia può comportare rischi per la popolazione e per l’ambiente:
- emissioni in atmosfera con inquinamento di aria, acque e suolo,
- scambio di liquidi tra il serbatoio geotermico e falde acquifere superficiali,
- subsidenza,
- induzione e innesco di terremoti (vedi anche qui).
Quali rischi presenta un certo impianto, e quanto sono gravi? Dipende dal tipo di impianto e dal luogo dove si trova.
I luoghi
Ci sono molte corrispondenze tra le caratteristiche geologiche, geofisiche e geochimiche del sottosuolo nel comprensorio del lago di Bolsena e nella zona dell’Amiata. Il fluido geotermico che alimenta le centrali è simile nella composizione: acqua calda nella quale sono disciolti vari gas (un’alta concentrazione di CO2, H2S, NH3 CH4, ecc.) e altre sostanze nocive come il mercurio e l’arsenico. Simili anche le caratteristiche dei luoghi dove si trovano gli impianti, che sono di grande valore naturalistico ed ecologico, circondati da zone protette e con una bassa densità abitativa. Hanno in comune anche la loro origine vulcanica, una complessa struttura geologica e un’importante sismicità – vedi qui per un quadro geologico riassuntivo.
Il bacino di Latera è una caldera composta creata in parte dal collasso del suo vulcano e porta l’impronta di vari altri eventi vulcanici del distretto Vulsino. Un’idea della sua struttura, anche se incompleta, si può avere delle sezioni geologiche nell’illustrazione accanto.
Il campo geotermico di Torre Alfina si trova sul bordo settentrionale della grande caldera composta del complesso Vulsino, in una zona che contiene vari sfiati di fessura ed è attraversata da numerose faglie e fratture prodotte dal collasso di multipli serbatoi magmatici, con una totale subsidenza che supera mille metri. Anche qui, la nostra conoscenza delle caratteristiche del sottosuolo è frammentaria e insufficiente per prevedere gli effetti sia delle trivellazioni, oppure quelli del prelievo e dell’iniezione di grandi quantità di fluido, come pure per quantificarne eventuali rischi.
Importante è anche rilevare che tutti i modelli e tutte le simulazioni numeriche delle caratteristiche geofisiche e idrogeologiche del sottosuolo presentati negli studi d’impatto ambientale dalle ditte proponenti si basano su semplificazioni drastiche e inammissibili.
Gli impianti
La centrale “Nuova Latera” è, come le centrali ENEL dell’Amiata, di tipo ”Flash” ed “a ciclo aperto”. Malgrado vari filtri, queste centrali rilasciano una grande parte del fluido nell’atmosfera inquinando una vasta area attorno all’impianto. Particolarmente negativo è il fatto che rilasciano anche grandi quantità di anidride carbonica, il gas climalterante par excellence: la “Nuova Latera” ne emetterebbe persino più di una convenzionale centrale termoelettrica (vedi qui).
I due impianti progettati sull’Altopiano dell’Alfina, di Castel Giorgio e di Torre Alfina, sono invece di tipo binario e “a ciclo chiuso” e non dovrebbero quindi causare emissioni in atmosfera. Hanno in comune con il progetto di Latera però le altre criticità:
Per quanto riguarda lo scambio di liquidi tra il serbatoio geotermico e falde acquifere superficiali, ovvero che ci siano possibili vie di comunicazione (soprattutto lungo i piani di faglie) per i progetti di Latera e quelli dell’Alfina, questo è dimostrato dalla presenza di numerose faglie. L’esercizio delle centrali crea squilibri nel serbatoio geotermico suddiviso in compartimenti più o meno “stagni” come dimostrato per il campo di Torre Alfina dal lavoro di Vignaroli et al.
Questo fatto ha due conseguenze indesiderate:
- l’inquinamento della falda superficiale di acqua potabile – nel nostro caso identica con la falda del Lago di Bolsena – con il fluido geotermico; questo caso si avvera quando l’iniezione del fluido crea una sovrappressione nel serbatoio geotermico;
- nel caso di una depressione nel serbatoio, per esempio vicino ai pozzi di produzione, l’acqua potabile viene aspirata nel serbatoio geotermico.
La reale esistenza di questi due effetti è dimostrata per i campi geotermici della Toscana ed è stata osservata anche durante il breve esercizio della vecchia centrale a Latera nel 1999/2000
La sismicità indotta e innescata è una delle conseguenze più dannose dello sfruttamento industriale della geotermia profonda in zone come le nostre, caratterizzate da un lato da una fragilità geologica dovuta a importanti sconvolgimenti tettonici e vulcanici, dall’altro da un patrimonio edilizio storico molto vulnerabile.
Tutte le attività connesse alla realizzazione e all’esercizio di centrali geotermiche possono provocare terremoti. La probabilità di indurre o innescare terremoti è particolarmente elevata durante l’iniezione di liquidi nel sottosuolo, come avviene per centrali a ciclo chiuso.
La magnitudo dei terremoti indotti ed innescati può raggiungere quella della sismicità naturale della zona. Per il comprensorio del lago di Bolsena questo significa valori massimi di magnitudo sulla scala Richter poco meno di M = 6, e con effetti devastanti (intensità di Grado Mercalli da IX).